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Il procedimento denominato Project Mirror Intelligence – elaborato dal gruppo Tusci@network – ha l’obiettivo di fornire al navigatore una selezione ragionata di informazioni di natura economico–statistica in grado di riflettere la situazione contingente del “Sistema–Italia”.

L’Instant Book “Start PMI” ha cadenza mensile. I dati contenuti in questo numero sono aggiornati al 30/9/2018.

Autori:

– Riccardo Cerulli

– Francesco Cacchiarelli

INDICE

1. L’innovazione nelle imprese – ISTAT – Anni 2014-2016

2. Fiducia dei consumatori e delle imprese – ISTAT – settembre 2018

3. Congiuntura Confcommercio – Ufficio Studi Confcommercio – settembre 2018

4. Le aziende agrituristiche in Italia – ISTAT – anno 2017

5. Focus – Servizio Studi BNL – 28 settembre 2018

6. La valutazione dello “startup act” italiano (estratto) – OECD – settembre 2018

7. Implicazioni macroeconomiche del crescente protezionismo (estratto Bollettino Economico) – BCE – 27 settembre 2018

Estratto:

7. Implicazioni macroeconomiche del crescente protezionismo (estratto Bollettino Economico) – BCE – 27 settembre 2018

Implicazioni macroeconomiche del crescente protezionismo
Negli ultimi mesi il panorama del commercio mondiale è rapidamente cambiato. L’annuncio di dazi da parte del governo statunitense e le misure ritorsive dei partner commerciali degli Stati Uniti hanno destato il timore di una possibile “guerra commerciale” e, in termini potenziali, di una più ampia inversione della globalizzazione.
Il 1° marzo il governo statunitense ha annunciato l’imposizione di dazi del 25 per cento sulle importazioni di acciaio e del 10 per cento su quelle di alluminio provenienti da numerosi paesi.
La prima ondata di dazi collegati al trasferimento di tecnologie introdotti sui beni di importazione cinese è entrata in vigore il 6 luglio, seguita dall’annuncio da parte del paese asiatico di analoghe azioni ritorsive. A tale contromossa il governo degli Stati Uniti ha reagito minacciando l’introduzione di ulteriori dazi.
L’UE e il Canada, contestualmente, hanno attuato misure ritorsive in risposta ai dazi statunitensi su acciaio e alluminio. Il governo degli Stati Uniti ha da ultimo intrapreso una nuova analisi sulle importazioni di autovetture, camion e componenti automobilistiche (per determinarne gli effetti sulla sicurezza nazionale) che potrebbe tradursi in nuovi dazi. Di recente, tuttavia, sono emersi anche segnali di riduzione delle tensioni commerciali, in conseguenza di un incontro tra funzionari statunitensi ed europei e del nuovo accordo NAFTA tra Stati Uniti e Messico.
Il presente riquadro esamina il possibile impatto sull’economia mondiale di un ipotetico inasprimento delle tensioni commerciali. In particolare, illustra i canali mediante i quali il protezionismo può influire sull’economia e propone una quantificazione del suo potenziale impatto a livello mondiale.
Tale quantificazione si basa sul modello ECB-Global della BCE e sul modello multi-paese e multi-settore dell’FMI denominato Global Integrated Monetary and Fiscal Model (GIMF) . In ragione dell’incertezza che, come di consueto, caratterizza i modelli, le stime ricavate da tali scenari, sebbene utili a fornire una misura approssimativa dei canali in gioco, andrebbero considerate con cautela. Gli effetti diretti dell’aumento dei dazi sull’attività economica nel paese che li impone dipendono, nel breve periodo, da due canali principali: la ricomposizione della spesa (con un effetto positivo sul PIL) e il reddito aggregato (con un effetto negativo).
Da un lato, l’aumento dei dazi all’importazione potrebbe ridurre il potere di acquisto delle famiglie mediante una contrazione del loro reddito disponibile reale, scoraggiando quindi i consumi e gli investimenti nazionali e determinando un calo del PIL. Dall’altro, l’incremento dei prezzi dei beni importati potrebbe indurre consumatori e imprese a preferire beni prodotti entro i confini nazionali, provocando un aumento della domanda interna e una flessione delle importazioni.
L’importanza relativa dei due canali e, di conseguenza, il loro impatto combinato sul PIL dipendono in misura sostanziale dal grado di sostituibilità tra i beni prodotti internamente e quelli importati. Un livello maggiore di sostituibilità implicherebbe per il consumatore una minore onerosità del ribilanciamento dei consumi verso i prodotti nazionali, rendendo più forte il canale della ricomposizione della spesa. Se applicati a beni intermedi, tuttavia, i maggiori dazi possono anche indurre un incremento del costo della produzione nazionale e ritardare gli investimenti. Le misure ritorsive, al contempo, possono ridurre le esportazioni ed esacerbare l’effetto negativo delle controversie commerciali. Gli effetti negativi indiretti derivanti dal deterioramento della fiducia di imprese e consumatori potrebbero amplificare l’impatto sull’attività economica.
L’effetto diretto sull’interscambio commerciale non tiene conto dei possibili ulteriori effetti sul clima di fiducia e delle tensioni nel settore finanziario determinati dall’aumento di incertezza sulle politiche future.
Incertezza ed effetti sul clima di fiducia possono esercitare un considerevole impatto negativo sugli investimenti e sull’attività economica a livello mondiale. Le decisioni di investimento operate dalle imprese non dipendono soltanto dalle politiche commerciali attuali, ma anche da quelle che gli Stati Uniti e il resto del mondo perseguiranno in futuro. L’incertezza relativa a queste ultime, analogamente, potrebbe condizionare le scelte di consumo delle famiglie. All’aumentare dei timori per le conseguenze negative del crescente protezionismo, le famiglie potrebbero incrementare i risparmi a scopo precauzionale e rinviare i consumi.
I mercati finanziari potrebbero inoltre reagire agli effetti reali negativi. È possibile che un’improvvisa variazione delle politiche commerciali favorisca una revisione dei corsi azionari e obbligazionari, amplificando gli effetti illustrati.
Le misure protezionistiche già intraprese avranno un’incidenza solo marginale sull’attività economica a livello internazionale, in quanto i prodotti interessati rappresentano unicamente una piccola quota dell’interscambio mondiale. Le misure notevolmente selettive attuate finora, come i dazi sull’acciaio (25 per cento), sull’alluminio (10 per cento) e su una quota di commercio tra Stati Uniti e Cina pari a 50 miliardi di dollari (25 per cento), costituiscono soltanto una modesta frazione dell’interscambio mondiale. La risposta dei mercati finanziari e del clima di fiducia di imprese e consumatori, inoltre, si è finora dimostrata modesta. Tuttavia, un inasprimento delle tensioni commerciali potrebbe avere effetti fortemente negativi a livello mondiale, come mostrato dall’ipotetico scenario in cui gli Stati Uniti aumentano i dazi su tutti i beni importati di dieci punti percentuali e i partner commerciali reagiscono con un innalzamento ritorsivo di pari entità dei dazi alle importazioni dagli Stati Uniti. Il canale diretto descritto in precedenza è simulato nel modello GIMF come un’imposizione generalizzata da parte degli Stati Uniti di dazi all’importazione pari al 10 per cento sui beni finali e intermedi di tutti i partner commerciali, che reagiscono applicando imposte di valore equivalente sulle esportazioni statunitensi (ma non su quelle reciproche). È molto difficile cogliere gli effetti indiretti sul clima di fiducia determinati da tali dazi, quindi, per semplicità, si suppone che i premi obbligazionari aumentino di 50 punti base e i mercati azionari scendano di due deviazioni standard in tutti i paesi. Per gli Stati Uniti ciò comporta un calo del mercato azionario pari al 16 per cento. La conseguente volatilità sui mercati finanziari, seppure elevata, è tuttavia più contenuta rispetto al picco registrato durante la crisi finanziaria mondiale (nel quarto trimestre del 2008), quando l’indice S&P 500 è diminuito del 28 per cento e i premi obbligazionari sono aumentati di 230 punti base.
Nelle nostre simulazioni, inoltre, sono state fatte importanti scelte di modellizzazione. In primo luogo, si ipotizza che le controversie commerciali durino soltanto due anni. In secondo luogo, si suppone che le entrate fiscali aggiuntive generate dall’aumento dei dazi siano utilizzate per ridurre i disavanzi di bilancio, piuttosto che per sostenere la domanda. In terzo luogo, si presume che la politica monetaria e i tassi di cambio reagiscano in modo endogeno in tutti i paesi.
In quarto luogo, si modellizzano gli effetti sul clima di fiducia come variazioni dei premi per i rischi azionario e obbligazionario. In tutti gli scenari, infine, gli effetti di propagazione dipendono in misura cruciale dalla forma di ritorsione ipotizzata. Ad esempio, se l’inasprimento delle dispute commerciali avviene tra Cina e Stati Uniti senza il coinvolgimento di altri paesi, iniziano ad assumere peso gli effetti di deviazione degli scambi.
L’aumento dei dazi, in tale scenario, rende i beni statunitensi più costosi in Cina e i beni cinesi più costosi per gli Stati Uniti. Ne consegue che i prodotti dei paesi terzi, estranei alla controversia commerciale, guadagnano competitività in Cina rispetto ai prodotti statunitensi e negli Stati Uniti rispetto a quelli cinesi. La misura in cui un’economia terza beneficia di tale deviazione degli scambi dipende dalla facilità con cui un paese può sostituire le importazioni provenienti da un’economia con i beni importati da un’altra economia. Un minore grado di sostituibilità implica una deviazione degli scambi inferiore. Tale effetto dipende inoltre dalla coerenza tra l’andamento del tasso di cambio e le previsioni del modello. Il canale dell’interscambio Tale definizione dello scenario suggerisce importanti effetti negativi per gli Stati Uniti. Nel primo anno il canale dell’interscambio diretto riduce l’attività economica statunitense dell’1,5 per cento. Le minori importazioni nel paese e gli incrementi delle quote di mercato dei produttori statunitensi nel mercato interno sono più che compensati dalle minori esportazioni. I risultati della stima suggeriscono che le esportazioni nette degli Stati Uniti si deteriorerebbero in misura significativa. In questo modello le imprese statunitensi, inoltre, investono e assumono meno e ciò amplifica l’effetto negativo sull’economia del paese riducendo la domanda interna.
L’aggiustamento e la sostituzione graduali verso la produzione interna offrono, nel tempo, soltanto una compensazione limitata e gli effetti diretti sull’interscambio dati dall’aumento dei dazi continuano a far sì che al terzo anno della simulazione il PIL scenda dell’1 per cento. In Cina, per contro, l’effetto iniziale dell’interscambio sul PIL è lievemente positivo, sebbene i vantaggi diminuiscano nel tempo.
Nel primo anno della simulazione i consumi e gli investimenti interni diminuiscono. Tali effetti negativi, tuttavia, sono più che compensati dai guadagni nella posizione netta di esportatore del paese: gli Stati Uniti importano un quantitativo minore di beni provenienti dalla Cina, ma tale calo è attutito dalla deviazione degli scambi verso paesi terzi in cui gli esportatori cinesi guadagnano quote di mercato a scapito di quelli statunitensi.
Eppure tali benefici si riducono nel tempo: all’adeguarsi della produzione statunitense in risposta all’aumento dei dazi, la domanda di beni provenienti dalla Cina diminuisce e, con essa, l’incremento del PIL del paese. Il canale della fiducia Il deterioramento della fiducia ha importanti ripercussioni negative sull’attività mondiale. Le reazioni dei mercati finanziari mondiali hanno un impatto notevole e più ampio sul prodotto dei vari paesi, determinando nel primo anno un livello del prodotto mondiale inferiore di circa lo 0,75 per cento. L’inasprimento delle condizioni finanziarie riduce il PIL statunitense di circa lo 0,7 per cento e l’interscambio mondiale dello 0,75 per cento.
L’accresciuta incertezza e la minore fiducia frenano l’attività cinese. Nell’insieme, ciò implica che l’attività economica reale degli Stati Uniti potrebbe essere di oltre il 2 per cento inferiore rispetto allo scenario di base già nel primo anno e il commercio mondiale potrebbe scendere anche del 3 per cento rispetto al medesimo scenario. In sintesi, sebbene si possa discutere dei contributi relativi di ciascuno dei canali descritti e dell’effetto complessivo sull’attività economica, dal punto di vista qualitativo i risultati non lasciano dubbi: un’economia che impone dazi, i quali spingono altri paesi all’attuazione di misure ritorsive, subisce inequivocabili perdite. In essa peggiora il tenore di vita e si perdono posti di lavoro.