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Il procedimento denominato Project Mirror Intelligence – elaborato dal gruppo Tusci@network – ha l’obiettivo di fornire al navigatore una selezione ragionata di informazioni di natura economico–statistica in grado di riflettere la situazione contingente del “Sistema–Italia”.

L’Instant Book “Start PMI” ha cadenza mensile.
I dati contenuti in questo numero sono aggiornati al 31/5/2018.

Autori:

– Riccardo Cerulli

– Francesco Cacchiarelli

INDICE

1. Bollettino Economico (estratto) – Banca d’Italia – aprile 2018

2. Congiuntura – Ufficio Studi Confcommercio – maggio 2018

3. Note dal CSC “REI e reddito di cittadinanza a confronto” – Centro Studi Confindustria – 2 maggio 2018

4. Focus “Uno scenario di luci, con alcune ombre, per le imprese italiane” – Servizio Studi BNL – 25 maggio 2018

5. Monthly Outlook – ABI – maggio 2018

6. Bollettino Economico (estratto) – BCE – aprile 2018

7. Newsletter online dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe “Prezzi & Consumi” (estratto) – Ministero dello Sviluppo Economico – marzo 2018

Estratto:

1. Bollettino Economico (estratto) – Banca d’Italia – aprile 2018
SINTESI
La crescita globale si è rafforzata e la dinamica del commercio mondiale resta vivace. Sulle prospettive dell’attività economica internazionale gravano però il rischio che l’introduzione di tariffe sulle importazioni di alcuni prodotti da parte dell’amministrazione statunitense inneschi restrizioni commerciali su più ampia scala e quello che incertezze sulla crescita o sull’evoluzione delle politiche monetarie in alcune economie avanzate diano luogo a brusche correzioni sui mercati finanziari, come osservato all’inizio dell’anno in corso.
Nell’area dell’euro la crescita è proseguita; deve però ancora emergere una stabile tendenza al ritorno dell’inflazione di fondo verso livelli prossimi al 2 per cento.
Il Consiglio direttivo della BCE valuta necessario mantenere un ampio accomodamento monetario; quest’ultimo viene fornito dagli acquisti netti di titoli che continueranno almeno fino a settembre del 2018, dallo stock di attività finanziarie presenti nel portafoglio delle banche centrali e dal loro reinvestimento a scadenza, nonché dalle indicazioni prospettiche sui tassi di interesse.
Nostre stime basate sulle informazioni finora disponibili indicano che in Italia il prodotto sarebbe cresciuto nel primo trimestre dell’anno attorno allo 0,2 per cento, rallentando rispetto al periodo precedente.
La frenata della produzione industriale si sarebbe accompagnata a un rialzo dell’attività nei servizi, nonostante i segnali meno favorevoli anche per questo comparto in marzo.
Le indagini congiunturali mostrano che la fiducia delle famiglie e delle imprese continua ad attestarsi su livelli ciclicamente elevati e compatibili con la prosecuzione dell’espansione del prodotto; le aziende segnalano l’intenzione di aumentare gli investimenti produttivi rispetto al 2017.
La dinamica delle esportazioni italiane è stata particolarmente sostenuta nell’ultimo trimestre dello scorso anno ed è giudicata moderatamente favorevole nei primi tre mesi del 2018 dalle imprese che hanno partecipato ai sondaggi più recenti.
Il buon andamento delle vendite all’estero si è tradotto in un ulteriore aumento dell’avanzo di conto corrente, salito al 2,8 per cento del PIL nel 2017, e in un significativo miglioramento della posizione debitoria netta del
Paese, scesa al 6,7 per cento del prodotto. Prosegue il graduale rafforzamento del mercato del lavoro, che però presenta ancora tassi di disoccupazione elevati e una dinamica salariale modesta.
Le ore lavorate aumentano; il numero di occupati è cresciuto dell’1,1 per cento nella media del 2017, nonostante una lieve battuta d’arresto nel quarto trimestre; secondo le indicazioni più recenti è tornato a espandersi all’inizio del 2018. In Italia l’inflazione al consumo rimane contenuta, all’1,1 per cento in marzo.
A moderare la crescita dei prezzi sui dodici mesi ha contribuito il venir meno dell’accelerazione di quelli delle componenti più volatili osservata nella prima parte del 2017, un effetto che dovrebbe gradualmente riassorbirsi nel corso dell’anno.
L’inflazione di fondo rimane modesta (0,7 per cento in marzo sui dodici mesi, 1,4 sui tre mesi in ragione d’anno).
Le imprese e le famiglie intervistate nelle indagini congiunturali si attendono una moderata accelerazione dei prezzi nel 2018.
Il credito alle imprese mostra segnali di una più decisa espansione.
L’incremento è stato del 2,1 per cento nel trimestre terminante in febbraio in ragione annua e dell’1,2 per cento sui dodici mesi. Nostre indagini indicano un rafforzamento della domanda di credito bancario, che risente positivamente della crescita degli investimenti, mentre le condizioni di offerta restano accomodanti. L’espansione dei prestiti ha interessato le imprese manifatturiere e quelle dei servizi.
Nel 2017 la qualità del credito bancario è migliorata.
L’incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti erogati dalle banche classificate come significative è scesa a fine anno al 14,5 per cento al lordo delle rettifiche di valore e al 7,3 per cento al netto, contro il 17,6 e il 9,4 del 2016, rispettivamente. Nell’ultimo periodo vi hanno contribuito sia le operazioni di cessione di crediti deteriorati sia l’attività di recupero interno.
All’inizio di febbraio l’indice della borsa italiana ha risentito negativamente, come in altre economie, di un significativo incremento della volatilità sui mercati internazionali.
Le tensioni sono in seguito rientrate ed è ripreso l’aumento dei corsi, che riflette soprattutto revisioni al rialzo degli utili attesi delle società quotate.
La crescita è particolarmente sostenuta per le azioni bancarie, pari negli ultimi dodici mesi al 18,7 per cento, contro il 13,0 per l’intera borsa italiana e lo 0,2 per la media delle banche europee.
Restano bassi i premi per il rischio sovrano dell’Italia, che non hanno risentito delle tensioni internazionali e non indicano aumenti dell’incertezza sulle prospettive dell’economia nazionale. Rispetto alla fine del 2017 lo spread sul titolo decennale è sceso di 30 punti base, a 129 punti.
Ad attenuare l’impatto sul nostro paese delle tensioni globali di inizio anno e a favorire il contenimento dei premi per il rischio hanno contribuito il miglioramento delle prospettive economiche e il rientro delle tensioni sul sistema bancario.
Il permanere di condizioni favorevoli presuppone la prosecuzione di un credibile aggiustamento dei conti pubblici e delle riforme volte a innalzare il potenziale di crescita di lungo periodo dell’economia italiana.
L’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL è sceso di circa due decimi di punto percentuale nel 2017, al 2,3 per cento. Vi ha contribuito l’ulteriore riduzione della spesa per interessi.
Il rapporto fra il debito e il prodotto è lievemente diminuito al 131,8 per cento.

L’ECONOMIA INTERNAZIONALE
1.1 IL CICLO INTERNAZIONALE
L’economia mondiale continua a crescere a un ritmo sostenuto. Su di essa gravano però alcuni rischi: in primo luogo, che le misure tariffarie introdotte dall’amministrazione statunitense inneschino ritorsioni commerciali su scala globale; in secondo luogo, che si ripetano episodi di brusca correzione nei mercati finanziari in relazione a modifiche delle attese sulla crescita o sull’evoluzione delle politiche monetarie, come osservato nelle prime settimane dell’anno in corso.
L’espansione dell’attività economica nelle principali economie avanzate è proseguita nel quarto trimestre del 2017; le informazioni congiunturali per i primi tre mesi dell’anno in corso indicano una crescita robusta negli Stati Uniti, un lieve rallentamento nel Regno Unito e un’espansione dell’attività in Giappone in linea con quella del trimestre precedente.
Negli Stati Uniti l’entrata in vigore della riforma della tassazione e, più recentemente, l’accordo di bilancio che prevede un ulteriore incremento della spesa pubblica nel biennio 2018-2019 hanno portato a una revisione al rialzo delle aspettative di crescita.
Tra i paesi emergenti l’espansione del prodotto in Cina e in India, robusta nel quarto trimestre del 2017, sarebbe proseguita a ritmi analoghi nei primi mesi di quest’anno; le prospettive economiche di Brasile e Russia sono in miglioramento, pur rimanendo più deboli.
Negli ultimi tre mesi dello scorso anno il commercio mondiale è aumentato in misura sostenuta, al di sopra delle previsioni, grazie alla dinamica particolarmente favorevole delle importazioni della Cina, degli Stati Uniti e del Giappone.
In marzo l’amministrazione statunitense ha imposto tariffe sulle importazioni di acciaio e alluminio (rispettivamente al 25 e al 10 per cento).
La misura colpisce un volume di scambi limitato, inferiore ai 50 miliardi di dollari (meno del 2 per cento delle importazioni complessive) e non interessa alcuni dei principali paesi fornitori (tra cui Messico, Canada e Unione europea).
Nondimeno la discrezionalità mostrata riguardo all’origine e alla natura dei prodotti sottoposti ai nuovi dazi, nonché la minaccia di ulteriori misure protezionistiche mirate nei confronti della Cina e le possibili ritorsioni di quest’ultima contro gli Stati Uniti, hanno introdotto un forte elemento di incertezza sulle prospettive degli scambi commerciali.
In febbraio l’inflazione nelle principali economie avanzate si è mantenuta moderata e stabile. Negli Stati Uniti continua a collocarsi poco sopra il 2 per cento, sostenuta da incrementi più marcati dei salari. Nel Regno Unito l’inflazione al consumo è diminuita al 2,7 per cento, mentre in Giappone è salita all’1,5. Nelle principali economie emergenti la dinamica dei prezzi non mostra segni di accelerazione.
Secondo le previsioni diffuse in gennaio dal Fondo monetario internazionale (FMI), il PIL mondiale aumenterebbe del 3,9 per cento sia nel 2018 sia nel 2019, più di quanto atteso in ottobre.
La revisione al rialzo è prevalentemente imputabile al miglioramento delle prospettive per le economie avanzate, dovuto anche ai previsti effetti espansivi della riforma fiscale negli Stati Uniti. Secondo nostre stime nel 2017 gli scambi commerciali internazionali sarebbero cresciuti del 5,5 per cento; rallenterebbero al 4,9 nell’anno in corso (al 4,6 secondo l’FMI), pur mantenendo una dinamica lievemente più vivace rispetto a quella dell’attività economica complessiva.
I principali rischi a livello globale derivano da un possibile peggioramento delle condizioni dei mercati finanziari e dal diffondersi di restrizioni commerciali. All’inizio di febbraio un aumento dell’incertezza sul processo di normalizzazione delle politiche monetarie ha dato luogo a brusche correzioni sui mercati.
Le tensioni commerciali, scaturite dalle misure protezionistiche introdotte e annunciate dagli Stati Uniti e dalle successive minacce di ritorsioni, rendono meno prevedibile il futuro dell’interscambio a livello internazionale.
Anche l’incertezza sull’esito dei negoziati di uscita del Regno Unito dall’Unione europea, pur se lievemente diminuita in seguito alle intese su alcune parti del testo dell’accordo di recesso dall’Unione, resta un elemento di rischio.
Le quotazioni dei futures prefigurano prezzi del petrolio in lieve calo nel medio periodo. Dalla fine di dicembre i corsi petroliferi sono aumentati in misura modesta, mostrando tuttavia ampie oscillazioni, in linea con le turbolenze osservate sui principali mercati finanziari.
Sull’andamento dei prezzi sono prevalse, seppur marginalmente, le pressioni al rialzo legate alla vivace dinamica della domanda globale, al graduale riassorbimento delle scorte di petrolio e alle interruzioni di offerta causate dalle tensioni in Medio Oriente e in Venezuela. Tali fattori sono stati parzialmente compensati dall’aumento della produzione statunitense da fonti non convenzionali, che ha portato il paese a essere il secondo produttore dopo la Russia.
Nella riunione del 21 marzo scorso la Riserva federale ha aumentato di 25 punti base l’intervallo obiettivo dei tassi di interesse sui federal funds, a 1,50-1,75 per cento. In base alle quotazioni dei futures sui federal funds e alle aspettative del Federal Open Market Committee, potrebbero seguire altri due rialzi nel corso di quest’anno.
La Banca d’Inghilterra non ha modificato il quadro di politica monetaria, ma ha indicato che, se l’andamento economico sarà in linea con le ultime previsioni, la restrizione dovrà essere più rapida e pronunciata di quanto prospettato in precedenza. In Cina la Banca centrale continua a mantenere condizioni monetarie restrittive per ridurre la leva finanziaria e contenere i rischi, favorendo un progressivo incremento dei tassi interbancari.

1.2 L’AREA DELL’EURO
La crescita nell’area dell’euro prosegue in misura sostenuta; l’inflazione di fondo non mostra però ancora una stabile tendenza al rialzo. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha ribadito che resta necessario un elevato grado di accomodamento monetario; quest’ultimo è garantito dagli acquisti netti di titoli, dall’ampio stock di attività finanziarie presenti nel portafoglio delle banche centrali dell’Eurosistema e dal loro reinvestimento a scadenza, dalle indicazioni sui tassi di interesse.
Nel quarto trimestre del 2017 il PIL dell’area è cresciuto dello 0,6 per cento sul periodo precedente, rallentando marginalmente rispetto ai mesi estivi; a tale incremento ha contribuito soprattutto l’aumento delle esportazioni, più marcato di quello delle importazioni. La domanda interna è stata sostenuta soprattutto da un rialzo degli investimenti.
Gli indicatori congiunturali sono coerenti con una lieve decelerazione dell’attività economica, pur su ritmi ancora sostenuti, anche nel primo trimestre del 2018. In marzo l’indicatore €-coin elaborato dalla Banca d’Italia, che stima la dinamica di fondo del PIL dell’area, è sceso per la prima volta da maggio dello scorso anno, mantenendosi tuttavia vicino ai massimi osservati dal 2006. Nel complesso dell’area e nelle tre principali economie gli indici dei responsabili degli acquisti delle imprese (purchasing managers index, PMI) sono diminuiti, ma restano coerenti con una prosecuzione della crescita.
Sulla base delle proiezioni elaborate in marzo dagli esperti della BCE, il prodotto dell’area dell’euro crescerebbe del 2,4 per cento nel 2018, con una revisione al rialzo di 0,1 punti percentuali rispetto alla precedente stima pubblicata in dicembre.
L’inflazione non ha finora mostrato segni di una stabile tendenza al rialzo. Secondo la stima preliminare, in marzo è salita all’1,4 per cento (1,1 in febbraio), riflettendo l’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari; la componente
di fondo è rimasta all’1,0 per cento. Secondo le previsioni dello staff della BCE diffuse in marzo, l’inflazione sarebbe pari all’1,4 per cento quest’anno e il prossimo (1,1 e 1,5 per cento rispettivamente, al netto delle componenti più volatili).
Rispetto alla fine dello scorso anno, le aspettative di inflazione desunte dai rendimenti degli inflation swaps sono rimaste sostanzialmente invariate sia sull’orizzonte a due anni sia su quello tra cinque e dieci anni in avanti (1,2 per cento e 1,7, rispettivamente). La probabilità di deflazione nei prossimi cinque anni implicita nei prezzi delle opzioni sul tasso di inflazione è rimasta su valori pressoché nulli.
Nella riunione dello scorso 8 marzo il Consiglio direttivo della BCE ha ribadito che un elevato grado di accomodamento monetario resta necessario per un ritorno stabile del profilo dell’inflazione verso livelli prossimi al 2 per cento.
Il Consiglio prevede che i tassi ufficiali rimarranno sui livelli attuali per un prolungato periodo di tempo, ben oltre la fine degli acquisti netti di titoli. Il programma ampliato di acquisto di attività finanziarie (Expanded Asset Purchase Programme, APP) sarà condotto sino a settembre del 2018 e anche oltre se necessario, finché non si riscontrerà un aggiustamento durevole dell’evoluzione dei prezzi, coerente con l’obiettivo di inflazione della BCE. L’Eurosistema continuerà a reinvestire il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nell’ambito dell’APP per un periodo prolungato di tempo dopo la conclusione degli acquisti netti di attività.
Al 6 aprile il valore in bilancio dei titoli pubblici acquistati dall’Eurosistema nell’ambito dell’APP era pari a 1.953 miliardi, quello delle obbligazioni bancarie garantite a 250, quelli delle asset-backed securities e delle obbligazioni societarie a 26 e 150, rispettivamente. Alla fine di marzo l’importo dei titoli pubblici italiani acquistati ammontava a 337 miliardi (di cui 304 da parte della Banca d’Italia).
Il valore delle attività detenute che giungeranno a scadenza nei prossimi dodici mesi e saranno reinvestite dall’Eurosistema è pari a 174 miliardi, di cui l’82 per cento è costituito da titoli pubblici. Sulla base dei dati destagionalizzati e corretti per l’effetto contabile delle cartolarizzazioni, nei tre mesi terminanti in febbraio il credito alle società non finanziarie nell’area dell’euro è aumentato del 2,5 per cento in ragione d’anno; l’espansione dei prestiti si mantiene vivace in Francia e in Germania e si è rafforzata in Italia.
I finanziamenti alle famiglie sono cresciuti (3,1 per cento) sia nella componente destinata all’acquisto di abitazioni sia in quella del credito al consumo.
Il costo dei nuovi prestiti alle imprese e alle famiglie per l’acquisto di abitazioni è rimasto su valori storicamente contenuti (1,7 e 1,8 per cento in febbraio, rispettivamente); la dispersione dei tassi di interesse tra i paesi si è mantenuta su livelli molto bassi.

1.3 I MERCATI FINANZIARI INTERNAZIONALI
In febbraio si è verificato un forte aumento della volatilità nei mercati finanziari internazionali, accompagnatosi a un rialzo dei tassi a lunga scadenza e a una correzione dei corsi azionari in tutte le maggiori economie avanzate. Ciononostante i premi per il rischio sovrano hanno continuato a diminuire nell’area dell’euro grazie alle solide prospettive di crescita economica. L’euro si è rafforzato nei confronti delle principali valute; le posizioni assunte dagli operatori restano coerenti con un suo ulteriore apprezzamento nel breve termine.
Dagli ultimi giorni di dicembre l’aumento dei rendimenti dei titoli decennali è stato particolarmente marcato negli Stati Uniti (40 punti base, al 2,8 per cento), dove i dati su salari e inflazione pubblicati all’inizio di quest’anno, lievemente superiori alle attese, hanno determinato una revisione al rialzo delle aspettative sui tassi di politica monetaria.
Dalla fine dello scorso anno i corsi azionari sono scesi nelle maggiori economie avanzate, dapprima per via di timori di una più rapida restrizione delle condizioni monetarie negli Stati Uniti e successivamente per l’imposizione, nel medesimo paese, di dazi sulle importazioni. La volatilità implicita è fortemente aumentata e continua a collocarsi su livelli elevati rispetto allo scorso anno. I mercati azionari dei paesi emergenti hanno avuto nel complesso del periodo andamenti differenziati, con cali in India e in Cina e forti incrementi in Brasile e in Russia.
I differenziali di rendimento nell’area dell’euro non sono stati influenzati significativamente né dall’aumento della volatilità sui mercati finanziari internazionali di inizio febbraio, né dai fattori di incertezza politica. Al consolidamento della crescita economica sono corrisposti un rialzo dei tassi a lungo termine e una riduzione dei premi per il rischio sovrano.
Dall’inizio dell’anno il rendimento dei titoli decennali tedeschi è cresciuto di 7 punti base (allo 0,50 per cento). Gli spread dei corrispondenti titoli decennali sono diminuiti in Spagna, Portogallo, Italia e Francia (di 41, 32, 30 e 12 punti base, rispettivamente). I modesti aumenti osservati in Irlanda e in Belgio (di 17 e 8 punti base, rispettivamente) sono in larga misura attribuibili al passaggio a nuovi titoli benchmark.
Dalla fine di dicembre l’euro si è apprezzato del 3,0 per cento nei confronti del dollaro, mentre si è deprezzato del 3,0 rispetto allo yen e dell’1,0 sulla sterlina; in termini effettivi nominali, l’apprezzamento della moneta unica è stato pari all’1,0 per cento. Gli operatori continuano a scommettere su un rafforzamento dell’euro nei confronti della valuta statunitense: sui mercati dei derivati prevalgono posizioni lunghe (di acquisto) degli operatori commerciali sull’euro contro dollari; il risk reversal a un mese, una misura di asimmetria delle attese a breve termine sul cambio euro/dollaro, si è tuttavia portato su valori prossimi allo zero.